Ultimi dati del satellite “Planck” sulla “seconda alba” dell’universo: 200 scienziati a Ferrara fino al 5 dicembre

Dopo il Big Bang per 400 mila anni la luce non poté propagarsi perché rimaneva intrappolata nel plasma primordiale. Quando i nuclei di idrogeno, deuterio, elio e litio poterono catturare i loro elettroni, l’universo diventò trasparente e divenne luminoso. La temperatura cosmica era allora di tremila gradi: l’universo brillava quindi di luce rossa. Ma ben presto, continuando l’espansione, la temperatura si abbassò ulteriormente e sull’universo calò il buio. E’ la cosiddetta “era oscura”. La luce ricomparve quando nel gas in espansione le prime nebulose collassarono, il nuovo calore sviluppatosi produsse la re-ionizzazione del gas primordiale e si accesero le prime stelle. Ma come avvenne questo “fiat lux”? E che ruolo ebbe nella comparsa delle stelle, e poi delle galassie, la materia oscura? Fino al 5 dicembre ne discutono a Ferrara 200 fisici e astrofisici venuti da tutto il mondo per confrontarsi sulle ultime mappe, ancora inedite, della radiazione cosmica di fondo ottenute rielaborando i dati raccolti dal satellite europeo “Planck”. «Il problema non è tanto stabilire quando sono nate le prime stelle - dice Gianfranco De Zotti, professore alla SISSA (Trieste) e associato all’INAF-Osservatorio Astronomico di Padova - ma qual è la sorgente d’energia responsabile della reionizzazione. Il risultato di WMAP implica che questa transizione dev’essere avvenuta in un’epoca remota, quando l’età dell’universo era meno di mezzo miliardo di anni. Secondo le attuali conoscenze, a quest’epoca le galassie non erano in grado di produrre la transizione. Per spiegarla, quindi, si doveva ricorrere ad altre sorgenti di energia, introdotte ad hoc. I nuovi risultati di Planck indicano invece che la transizione può essere avvenuta parecchie centinaia di milioni di anni più tardi, e che può essere spiegata dall’emissione delle galassie. Questo configura uno scenario in cui le informazioni che vengono dalla cosmologia si raccordano elegantemente con quelle che vengono dall’astrofisica, rimuovendo (anche se non escludendo) la necessità di sorgenti esotiche di energia.» Altre informazioni: http://www.media.inaf.it/2014/11/28/planck-ferrara/


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