Un modello per la migrazione dei pianeti

Illustrazione del processo di migrazione planetaria (Wikimedia Commons)


Il sistema planetario Kepler-223 è formato da quattro pianeti più grandi della Terra, ciascuno dei quali probabilmente è costituito da un nucleo solido circondato da un involucro di gas, e orbita attorno alla stella centrale con un periodo variabile tra 7 e 19 giorni. Si tratta probabilmente del tipo di pianeta extra-solare più comune nella galassia.

Secondo uno studio pubblicato su “Nature” da Sean Mills e colleghi dell'Università di Chicago, queste caratteristiche rendono Kepler-223 molto diverso dal sistema solare come lo conosciamo oggi ma simile a com'era nella sua fase primordiale. Poco dopo la formazione del sistema solare, infatti, i pianeti orbitavano molto più vicini al Sole. Solo successivamente migrarono verso l'esterno per assumere la configurazione attuale.Gli autori sono giunti a questa conclusione analizzando i dati registrati dal telescopio spaziale Kepler della NASA. Da questi dati è stato possibile capire in che modo i quattro pianeti del sistema Kepler-223 fanno variare, con il loro transito, la luminosità della stella centrale e come influiscono reciprocamente sulle loro orbite. Inoltre, gli scienziati hanno ricavato dimensioni e masse dei pianeti e, grazie a una simulazione al computer, anche la struttura complessiva delle orbite, risultata molto simile a quella originaria del sistema solare.
Secondo lo studio, le orbite dei pianeti sono in risonanza: ciò significa che i periodi di coppie di pianeti sono tra loro in rapporto come numeri interi. I due pianeti più interni, nello specifico, sono in risonanza 4:3; il secondo e il terzo in risonanza 3:2; il terzo e il quarto in risonanza 4:3.

La risonanza orbitale, già osservata in altri sistemi extrasolari e anche per Nettuno e Plutone, è un fattore di stabilità 
per le orbite, perché permette un equilibrio delle forze gravitazionali che agiscono tra le coppie stesse di pianeti. In questo caso si tratta di un fenomeno portato all'estremo, perché è la prima volta che viene osservato per ben quattro pianeti.

La stabilità però può venir meno se qualche fattore esterno, come l'impatto con asteroidi o piccoli pianeti, perturba la risonanza. I pianeti così possono migrare su orbite più esterne, dove trovano un'altra stabilità: il fenomeno è avvenuto probabilmente per i quattro giganti gassosi del sistema solare. Secondo i modelli, Giove, Saturno, Urano e Nettuno si trovavano originariamente su orbite molto più interne rispetto a quelle attuali.

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